Ascoltare su Instagram: il caso della trap in Italia
Jacopo Tomatis (Università di Torino)
The ways in which popular music “exists” in the contemporary world suggest that an important change of paradigm is taking place, a change that should be understood in connection with the recent history of digital media. In the “post-media era” (Eugeni 2015), the relations between sound and visual dimensions need to be rethought through new categories, especially considering the role of smartphones as “prosthetic” devices (in McLuhan’s sense), as well as the growth of social media. The previous analytical model of audiovisual interactions (based on “old” objects, such as the videoclip) must thus be updated to the contemporary modalities of music consumption, which are often based on audiovisual contents. This reflection could also help in rethinking some of the categories and keywords we normally use to make sense of popular music.
The case of Instagram – which changed from a visual to a broadcasting platform thanks to the introduction of “Stories” in 2016 – is particularly relevant. This paper – expanding on previous research on Italian trap boys’ digital identities and self-media narratives (Marino & Tomatis 2019) – will reflect on this key transformation and its consequences for music production and consumption, using Italian trap music as a case study.
Le modalità stesse dell’“esistenza” della popular music nell’epoca contemporanea sembrano rivelare un importante cambio di paradigma in atto. Questo va compreso in relazione alla più recente storia dei media digitali, e suggerisce come il rapporto tra la dimensione sonora e quella visiva necessiti, nell’epoca “post-mediale” (Eugeni 2015), di nuove riflessioni e nuove categorie. La stessa nozione di “musica liquida”, entrata nell’uso linguistico comune per rilevare tanto il passaggio a un diverso modello industriale quanto a diverse modalità di produzione e fruizione, soprattutto (ma non solo) nell’universo popular, appare inadeguata per rendere conto delle più recenti evoluzioni, in particolare in relazione all’affermarsi dello smartphone come device prostetica per eccellenza (nel senso di McLuhan), in parallelo alla crescente pervasività dei social network. Le riflessioni sul rapporto tra musica pop e immagini, dunque, “tarate” sul “vecchio” videoclip, devono essere aggiornate a modalità di fruizione che pure associano sovente video e audio in maniera quasi strutturale, ma che sembrano seguire logiche completamente diverse; e che costringono a ripensare alcune delle categorie di analisi e delle parole-chiave che organizzano il campo degli studi sulla popular music.
Il caso dell’evoluzione di Instagram da piattaforma visuale a audiovisiva, con l’introduzione – nel 2016 – delle Stories e della possibilità di trasmettere audio-video dal vivo, o di associare brevi frammenti di musica a immagini, grafiche, gif animate, è particolarmente rilevante. La relazione, partendo da una precedente ricerca sulla dimensione self-mediale dello sviluppo delle digital identities dei trap-boys italiani nell’ultimo quinquennio degli anni Dieci del ventunesimo secolo (Marino e Tomatis 2019), intende riflettere su questo passaggio e sulle sue implicazioni a livello produttivo e di fruizione della musica pop, prendendo come caso di studio proprio l’affermazione della trap in Italia.