"Against the Grain and Out Yonder:
Decolonizing the Music Conservatory via Vernacular Pedagogies”
Christopher J. Smith (Vernacular Music Center, Texas Tech University, USA)
In a 21st century post-industrial west in which disinformation and the “fog of propaganda” are intentionally deployed via powerful and addictive digital media, oppositional art-making which situates itself in local, tactile, communal, and somatic material experience is an act of resistance. In university music education systems, in which outcomes and assessments drive influence, promotion, and finance, to attempt to recover—or even to employ – the art of the grassroots local is both systemically challenging and immensely important. Drawing on analytical frames from performance studies, the anthropology of performance, and practice-based research in team- and project-oriented learning, this presentation investigates, problematizes, and rationalizes the production of a piece of site-specific immersive musical theater, set in – and in fact suggested by – a decayed 1928 movie palace in Levelland Texas in the American Southwest, undertaken by a multimodal team of university composers, dramatists, educators, and student performers, in partnership with a community-based non-profit. It further investigates strategies for recovering the tactile, communal, and experiential in the era of pandemic quarantine, and the means by which these essential human experiences can be recovered via alternate media. It argues that vernacular pedagogies – learning which is, in its ethos, intentions, and models, project-, and apprenticeship-based – provide a way forward from the trap of centralized, standardized, hierarchical, incremental, canon-based, and sequential university music education, and models for an artistic citizenship which is ethical, responsive, and engaged.
In un occidente post-industriale come quello del ventunesimo secolo, in cui la disinformazione e la “nebbia della propaganda” vengono intenzionalmente diffuse attraverso potenti e coinvolgenti mezzi digitali, la scelta di fare un’arte d’opposizione che si colloca in un ambito di esperienza locale, tattile, comunitaria e somatica rappresenta un vero e proprio atto di resistenza. Nei sistemi di educazione musicale universitaria, in cui i risultati e le valutazioni determinano le carriere e i finanziamenti, ogni tentativo di valorizzare – o addirittura di utilizzare – le pratiche artistiche del territorio locale è al tempo stesso una sfida sistemica e strategica.
Attingendo a cornici analitiche mutuate dagli studi performativi, dall’antropologia della performance e da ricerche basate sulla pratica nell’apprendimento in team finalizzato alla realizzazione di un progetto, questa relazione analizza, problematizza e razionalizza la produzione di una pièce di teatro musicale immersivo e site-specific. L’opera è ambientata – e di fatto è stata suggerita – da un fatiscente cinema costruito nel 1928 a Levelland, nel Texas, ed è stata realizzata da un team universitario interdisciplinare formato da compositori, drammaturghi, insegnanti e studenti, in collaborazione con un’associazione no-profit locale. Il progetto ha previsto anche un’indagine sulle strategie per il recupero della dimensione tattile, sociale ed esperienziale nell’epoca della quarantena pandemica, attraverso mezzi alternativi. I risultati di questo progetto dimostrano come la pedagogia “vernacolare” – una modalità di apprendimento che nella sua etica, nelle sue intenzioni e nei suoi modelli privilegia una progettualità legata ai contesti locali e alle dinamiche dell’apprendistato – può rappresentare una valida via d’uscita dalla gabbia di un’educazione musicale universitaria centralizzata, standardizzata, gerarchica e sequenziale, suggerendo un modello pedagogico funzionale all’esercizio di una cittadinanza artistica etica, attiva e partecipativa.