Christ in the Kulturkampf: Competing Truth Regimes in German Religious Art and Music of the 1870s
James Garratt
The secularisation paradigm has long defined attitudes towards nineteenth-century religious music and painting. Within both musicology and art history, such art has often been treated as marginal to mainstream artistic developments and tangential to the social, political, and intellectual preoccupations of its age. This paper offers a corrective, exploring how religious art was messily intertwined with the most contentious socio-political issues of the 1870s and demonstrating the complex spiritual currents embodied in religious artworks and their reception. I focus on two works and the debates they prompted: Franz Liszt’s oratorio Christus (premiered in 1873) and Max Liebermann’s painting Christus im Tempel (1879). On the face of it, these works point to antithetical currents, the one seemingly offering a dogmatic, ultramontane view of Christ while the other a provocative rejudaising of its subject. Both works are united, however, in departing from — and offending against — the dominant Protestantism of Bismarck’s Germany. They challenge normative conceptions of the representation of Christ, presenting not so much religious art as art about religion and about religious art. By juxtaposing modern and historical elements, they delineate distinct temporalities and set in motion alternative conceptions of truth. Ultimately, both works offer open, unstable texts onto which competing critical voices projected their own truths. The hostile reception of Liebermann’s Christ led him to overpaint the image to make it more acceptable to his non-Jewish critics. Similar critical “overpaintings” imbued Liszt’s Christus with a humanistic or pantheistic aura, enabling an uneasy accommodation with cultural Protestantism.
L’atteggiamento degli studiosi verso la musica e l’arte figurativa religiosa dell’Ottocento è stato a lungo influenzato dal paradigma della secolarizzazione. Musicologi e storici dell’arte hanno spesso descritto questo tipo di produzione artistica come marginale rispetto alle tendenze artistiche dominanti, oltre che lontana dalle preoccupazioni sociali, politiche e intellettuali del tempo. Questo articolo mette in discussione tale impostazione e propone un approccio alternativo, concentrando l’attenzione da un lato sulle complesse interazioni tra l’arte religiosa prodotta negli anni Settanta dell’Ottocento e gli avvenimenti sociali e politici più controversi dell’epoca, dall’altro sulla complessità delle tendenze spirituali veicolate dalle opere d’arte religiosa e dalla loro ricezione. A tal fine, si è scelto di scelto di soffermarsi su due opere e sui dibattiti da esse suscitati: Christus, un oratorio di Franz Liszt eseguito per la prima volta nel 1873, e Christus im Tempel, un dipinto di Max Liebermann del 1879. A un primo impatto, queste opere sembrano rappresentare due correnti antitetiche: la prima offre una visione di Cristo dogmatica e ultramontana, mentre la seconda si distingue per una provocatoria ri-giudaizzazione del soggetto. Tuttavia, le due opere sono accomunate dalla volontà di prendere le distanze dal Protestantesimo imperante nella Germania di Bismarck, al quale si contrappongono apertamente. Entrambe si affrancano dalla rappresentazione convenzionale di Cristo, ponendosi come esempi non tanto di un’arte religiosa in sé, quanto piuttosto di un’arte che riflette sul tema della religione e sui meccanismi stessi dell’arte religiosa. Attraverso la giustapposizione di elementi antichi e moderni, queste opere mettono in relazione diverse dimensioni della temporalità e diverse concezioni della verità. Entrambe appaiono perciò come opere aperte e non concluse, sulle quali voci critiche conflittuali hanno proiettato le proprie interpretazioni: così come la ricezione ostile del dipinto di Liebermann ha indotto l’artista a ridipingere la figura di Cristo per renderla più accettabile agli occhi della critica non ebraica, simili rielaborazioni critiche hanno attribuito al Christus di Liszt un’aura umanistica e panteistica, nella ricerca di un difficile compromesso con il Protestantesimo culturale dell’epoca.