La celebrazione funebre tra musica e politica: la Rivoluzione francese e l’idea civile della morte
Simone Caputo (University of Rome Sapienza)
The theme of death is one of the central aspects of the French Revolution, not only as a consequence of the succession of bloody events it caused, but above all as the awareness of a relationship turned upside down with respect to the traditional eschatological framework of the Catholic religion. The deaths of the Revolution’s great personalities were not celebrated as a simple moment of passing away, but signified the complete appropriation of their spirit by the People and the State, now understood as abstract entities, and therefore able to supplant those very religious functions by virtue of their spiritual dimension. The qualitative leap was the result of a process of secularization that had already been underway for some time, marking an important stage in the treatment of death. Secularization had an especially strong impact on the custom of accompanying the individual’s demise with a requiem, not only determining its sharply reduced frequency, but also transforming in some cases the very role of the funeral mass. Observing the years of the French Revolution and the Restoration through the lenses of François-Joseph Gossec’s Marche lugubre (1790), and the requiems of Luigi Cherubini (1816) and Hector Berlioz (1837), allows us to highlight the different outcomes of the secularization of the funeral rite in relation to the altered civil idea of death. The association of the Marche lugubre with celebrations of the great men of the Revolution was the musical response to this process. By marking the passage of the institutional reference from the Church to the Nation, the funeral march established the relationship with religion in other terms, those of a religion of the Nation, which took place in the resonant spaces of the city streets, and which stood as an ideal to be venerated as an inspirer of moral fortitude. The civil idea of death that permeated the revolutionary age remained Europe’s legacy even after the end of the Napoleonic era. While prior to the revolutionary interlude music for the dead had been framed as a dignified, luminous offering to God, the nineteenth century saw the breakdown of religion despite the strenuous attempts of the Restoration to update its absolutist-sacral rhetoric. Cherubini’s Requiem in C minor, composed to commemorate the death of Louis XVI, appears not so much as a perfect model of that return to the past longed for by the rhetoric of the time, but as an eloquent expression of the underlying ambiguity that permeated the atmosphere of the Restoration. Berlioz’ Grande Messe des morts, on the other hand, was presented as the prototype of a funerary work in grand style, a monument to the Nation, in which the association between celebration and the faithful was definitively transformed into an association between celebration and the citizen.
Il tema della morte costituisce uno degli aspetti centrali della Rivoluzione francese, non solo come conseguenza della successione di fatti cruenti provocati dal suo corso, ma soprattutto come presa di coscienza di una relazione ribaltata rispetto al quadro escatologico che tradizionalmente era offerto dalla religione cattolica. La morte dei grandi personaggi della Rivoluzione non fu celebrata come semplice momento di trapasso, ma significò la completa appropriazione del loro spirito da parte del popolo e dello stato, ormai intesi quali entità astratte e perciò in grado di surrogare, in virtù della loro dimensione spirituale, le stesse funzioni religiose. Il salto di qualità fu il risultato di un processo di laicizzazione già da tempo in atto, che proprio nei discorsi riguardanti la morte segnò una tappa importante. La laicizzazione ebbe un forte impatto in particolare sulla consuetudine di accompagnare il trapasso con requiem, non solo determinando la scarsa produzione, ma anche trasformando in alcuni casi il ruolo stesso della messa funebre. Osservare gli anni della Rivoluzione francese e della Restaurazione, attraverso le lenti della Marche lugubre di François-Joseph Gossec (1790) e dei requiem di Luigi Cherubini (1816) e Hector Berlioz (1837), consente di evidenziare i diversi esiti del processo di laicizzazione del rito funebre in relazione alla mutata idea civile della morte. L’associazione della Marche lugubre a cerimonie celebrative di grandi uomini della Rivoluzione rappresenta il riscontro musicale a questo processo: marcando il passaggio del riferimento istituzionale dalla chiesa alla nazione, la marcia funebre situa il rapporto con la religione in altri termini, quelli di una religione della nazione, che ha luogo negli spazi di risonanza delle strade della città, e che si pone come ideale da venerare in quanto ispiratore di forza morale. L’idea civile della morte che permeò l’età rivoluzionaria rimase in eredità all’Europa anche dopo il tramonto napoleonico. Se prima della cesura rivoluzionaria, la musica per i defunti si configurava come una dignitosa e lucente offerta a Dio, con l’Ottocento la confessionalità si andò sgretolando malgrado gli ultimi tentativi del potere restaurato di aggiornare la retorica assolutistico-sacrale. Il Requiem in Do minore di Cherubini, composto per commemorare Luigi XVI, appare non tanto come un modello perfetto di quel ritorno al passato vagheggiato dalla retorica dell’epoca, quanto come un’espressione eloquente dell’ambiguità di fondo che permeava il clima della Restaurazione. La Grande Messe des morts di Berlioz si presenta invece come il prototipo di un’opera funeraria in grande stile, monumento alla nazione, in cui l’associazione tra celebrazione e fedele si è definitivamente trasforma in un’associazione tra celebrazione e cittadino.