‘Dumped modernism’? The interplay of musical construction and spiritual affect in John Tavener and his To a Child Dancing in the Wind
Brian Inglis (Middlesex University)
Since the 1990s, discourses around Tavener’s music, not least those emanating from the composer himself, have centred on its perceived spiritual qualities. These are linked explicitly with his conversion to Russian Orthodoxy in 1977, and relate the music wholeheartedly to traditional contexts, in contrast with the post-enlightenment Western view of musical expression: «Once he dumped modernism, his music came to inhabit a world made up largely of traditional models» (Haydon, 1995). But did he really “dump” modernism? In part following Moody (2014), this paper explores how techniques associated with musical modernism form structural foundations in pieces which exhibit the contemplative idiom (sometimes labelled spiritual minimalism) for which the composer is renowned. It focusses on To a Child Dancing in the Wind (1983). This transitional work facilitates a holistic understanding of Tavener’s achievement. While its potential for impacting spiritually on listeners is duly acknowledged, it is shown to exemplify the composer’s distinctive postmodern intellectual craftsmanship. Spiritual affect is one mode of interpreting this and other Tavener pieces, which are thus seen to possess a greater interpretive ambiguity and “inner life” of musical construction than he, alongside other composers of “spiritual minimalism”, is sometimes given credit for (eg Fisk 1994).
Dagli anni Novanta del Novecento, i discorsi sulla musica di John Tavener, e non da meno quelli dello stesso compositore, si sono concentrati sulle presunte qualità spirituali delle sue opere. Tali discussioni sono legate alla conversione di Tavener al cristianesimo della Chiesa ortodossa russa (1977), e mettono la sua musica quasi esclusivamente in relazione con contesti tradizionali, in opposizione alla visione occidentale e post-illuministica dell’espressione musicale: «una volta abbandonato il modernismo, la sua musica si è trovata ad abitare un mondo fatto in gran parte di modelli tradizionali» (Haydon, 1995). Ma Tavener ha davvero “abbandonato” il modernismo? Ripredendo in parte le riflessioni di Moody (2014), in questa relazione esamino come l’uso di tecniche tipiche del modernismo musicale sia alla base dei princìpi strutturali di composizioni che esibiscono idiomi contemplativi (a volte accompagnate dall’etichetta “minimalismo spirituale”) per le quali Tavener é noto. In particolare, mi concentro su To a Child Dancing in the Wind (1983), lavoro di transizione che facilita una comprensione olistica dei risultati ottenuti dal compositore. L’impatto spirituale che il brano può avere sugli ascoltatori è ampiamente riconosciuto; il lavoro può però essere anche visto come esempio distintivo di maestria intellettuale postomoderna. L’attenzione per il sentimento spirituale è, dunque, uno dei modi attraverso cui indagare questa e altre composizioni di Tavener, la cui “vita interiore” delle strutture musicali appare più complessa e ambigua da interpretare, diversamente da quanto talvolta pensato per lui e altri compositori del “minimalismo spirituale” (e.g. Fisk 1994).