«…qual può cristiano vantar virtude che il Sultan non vanti?». Fede e ragione sulla scena operistica di metà Ottocento nella controversa recezione della Zaïre di Voltaire
Maria Rosa De Luca (Università degli studi di Catania)
La critica all’intolleranza religiosa e alla violenza che da essa può scaturire costituisce il tema centrale di alcune delle opere della maturità di Voltaire nelle quali si manifesta con maggiore vigore quella filosofia militante egregiamente riassunta nel motto «Écrasez l’infâme!». Un’interessante anticipazione di queste tematiche s’insinua abilmente nel testo della tragedia Zaïre, rappresentata per la prima volta il 13 agosto 1732 alla Comédie-Française. Essa godette di una vasta popolarità presso il pubblico italiano già a partire dal 1748, anno in cui furono disponibili le prime traduzioni sia in prosa che in versi, curate rispettivamente da Giuseppe Finoti e Giambattista Richetti. L’arrivo di Zaira sulle scene musicali italiane risale invece al 1797, col libretto di Mattia Botturini per il compositore Sebastiano Nasolini (Venezia, Teatro San Benedetto). Appena due anni dopo al Teatro Carolino di Palermo apparve un’altra versione realizzata da Bocciardini e sonorizzata da Francesco Federici che godette di una straordinaria longevità, tanto da conoscere ben ventisette riprese fino al 1822. Merito del successo di questa Zaira si deve senz’altro agli sforzi del librettista di ricondurre all’ortodossia il testo di Voltaire, stemperandone l’aspra critica alle religioni rivelate in esso contenuta; non a caso l’opera fu nota anche col titolo Il trionfo della Fede. Un’impronta assai più fedele alla vis polemica volteriana si riscontra invece nel libretto che Felice Romani approntò nel 1829 per Vincenzo Bellini e che, dopo lo sfortunato esito dell’opera concepita per l’inaugurazione del Teatro Ducale di Parma, conobbe ulteriori declinazioni musicali per mano di Saverio Mercadante (Napoli, Teatro di San Carlo, 1831) e di altri compositori coevi, rimanendo in auge fino agli anni Trenta dell’Ottocento. La “riscoperta” di un recitativo inedito contenuto nella partitura autografa belliniana del 1829, finito nel mirino della censura sin dalla prima messinscena dell’opera, offre l’occasione in questo intervento per discutere modalità linguistiche ed espressive di una concezione aconfessionale della spiritualità nell’orizzonte culturale ed estetico del secolo decimonono.
The critique of religious intolerance – and of the violence arising from it – constitutes the central theme of some of Voltaire’s mature works, in which the militant philosophy aptly summed up in the motto ‘Écrasez l’infâme!’ most forcefully manifests itself. An interesting anticipation of these same themes cleverly creeps into the text of the tragedy Zaïre, first performed at the Comédie-Française on 13 August 1732. It got widespread popularity with Italian audiences as early as 1748, the year in which the first translations were available in both prose and verse issues, edited by Giuseppe Finoti and Giambattista Richetti, respectively. Zaira’s arrival on the Italian musical stage dates to 1797, with a libretto by Mattia Botturini written for the composer Sebastiano Nasolini (Venice, Teatro San Benedetto). Just two years later, another version by Bocciardini appeared at the Teatro Carolino in Palermo, with music by Francesco Federici, which enjoyed extraordinary longevity, with twenty-seven revivals up to 1822. The success of this Zaira is undoubtedly due to the librettist’s efforts to bring Voltaire’s text back to its orthodoxy by toning down the bitter criticism of revealed religions contained in it. As a matter of fact, it is no coincidence that the opera was also known by the title Il trionfo della Fede. The libretto by Felice Romani – which is far more faithful to Voltaire’s polemical vis – was prepared in 1829 for Vincenzo Bellini. In addition, after the unfortunate outcome of the opera conceived for the inauguration of the Teatro Ducale in Parma, it underwent further musical variations at the hands of Saverio Mercadante (Naples, Teatro di San Carlo, 1831) and other contemporary composers, remaining in vogue until the 1830s. Therefore, this presentation, through the “rediscovery” of an unpublished recitative contained in Bellini’s autograph score of 1829 – which had come under censorship from the very first staging of the opera – focuses on the discussion of linguistic and expressive modes of a non-confessional notion of spirituality in the cultural and aesthetic milieu of the Nineteenth century.